Mostra di Matteo Masiello

Il pittore Matteo Masiello ha intitolato “Omaggio a Michele Campione” la mostra antologica realizzata dal Comune di Molfetta – Ospedale dei Crociati – dal 18 ottobre al 18 novembre 2003.

Sull’invito è pubblicata una lettera aperta scritta a Matteo Masiello da Michele Campione
Lettera aperta a Matteo Masiello

Caro Matteo,
le lusinghe della tua pittura hanno sortilegi antichi che il tempo non basta ad esorcizzare. Esse ripropongono echi e suggestioni, fantasie e miraggi, sogni ed accettazioni, librati voli fantastici ed estatici attimi di ripensamento, in una commistione globale di sensazioni sempre nuove.
Forse prima di parlare della tua pittura bisognerebbe parlare di te, della tua faccia da condottiero di ventura, lanzichenecco o borgognone, non importa, giunto tra di noi tanto tempo fa che nessuno più se ne ricorda.
E dalle tue terre natali costruite di montagne e di valli, di nebbie e di impetuosi scrosci di pioggia, ti ritrovasti tra le arsure del caldo favonio i giochi misteriosi della controra, i boschi di ulivi della tua Bitonto, i miracoli del romanico dall’aria imponente e mistica. E ti sei radicato tra di noi senza scordare le tue origini peregrine, portandoti dentro le stimmate di una provenienza mai tradita.
L’aria imponente del lanzichenecco o del borgognone ti è rimasta insieme con l’incedere lento, solenne, con poche parole e con i progetti importanti. E tra questi progetti, pegno inestinguibile da pagare ad una ricerca mai esaurita (il Graal della Immaginazione e della Pittura) il tuo modo di essere Artista. Una modestia monacale, una paziente tenacia da certosino, la ritrosia di chi crede in un destino fatale, appunto la Pittura, ti fanno estraneo alle conventicole, alle mode, alle sollecitazioni dei galleristi, alle insidie del mercato.
Gli amici ti sollecitano e tu rispondi con la tranquilla sicurezza di chi ha già percorso tanto cammino da non essere spaventato per ciò che ancora lo attende. E maturi, in questa attesa, le tue ricerche. Insegui i tuoi sogni. Discuti con i Personaggi e le Figure della tua Pittura. Intessi dialoghi impossibili in situazioni verosimili.
Accetti la sfida con la Vita e con l’Eternità.
Ti misuri con il Tempo che tutto e tutti travolge e modifica ma ti senti più forte del Tempo per la capacità di fermare un solo attimo del divenire.
Così la tua Pittura diventa segno della Storia.
Frammento della storia individuale, la tua e la nostra, ma anche segmento della Grande Vicenda che tutti ci coinvolge.
Si è fatto di recente un gran parlare di te e della tua pittura, la Nuova maniera. Si sono trovate ascendenze e legittimazioni seicentesche. Ci si è rifatti a ribellioni e a tentativi di ribellioni.
Si sono create nuove ragioni dì estetica e perfino di etica.
Tutto vero e allo stesso tempo tutto non vero.
Certo il respiro ampio, di taglio classico, del tuo modo di far pittura, di misurarti con il bianco della tela ed il caleidoscopio della tavolozza, non è nuovo.
Ha, al suo interno, assonanze antiche, il gusto classico della impaginazione, l’orgoglio forte del solido mestiere e della fantasia descrittiva.
Il colore spazia insieme con il dinamismo ontologico dei dipinto in uno scenario solo in apparenza immoto.
E di metafora in metafora, di allegoria in allegoria, non è per nulla strano allora se il grande affresco de «La Vita» diventa una tavola didascalica di sapore medievale con le figure che danzano in sincronia con il tempo.
Ed ancora un cartiglio ed un pulcino che faticosamente si appresta a lasciare il suo involucro ormai inutile.
Le figure si inseguono in prospettive geometriche perché il racconto non può che essere lucido e razionale appunto come una legge di geometria.
C’è una monumentalità oggettiva nei tuoi dipinti che riporta alla mente il senso ed il significato più riposto delle statue egizie che vanno viste sempre di fronte e la dimensione assoluta delle figure bizantine, nei mosaici e nelle icone.
E’ più importante cioè ciò che sta dentro e dietro il dipinto, di quanto non lo sia tutto ciò che appare.
In questo senso sfiori la metafisica e la oggettività post manieristica in una prospettiva di grande attualità. Il mistero ed il senso del mistero. La descrizione emblematica ed il gesto ieratico. La rappresentazione e la liturgia della rappresentazione. Una sacralità laica con punte di esoterismo (il pendolo, lo scheletro dell’uccello dall’uovo, le sfere, i turbanti e le fusciacche orientali, la musa inquietante e l’assurdo riquadrato pavimento ai limiti di una radura).
Una magia razionale non per raccontar solo sogni ma per affermare con forza enunciati e propositi.
Caro Matteo, tu ed io ci siamo incontrati tanto tempo fa.
Giungesti a cavallo sul sagrato del tempio dedicato al nostro grande San Nicola. Sotto braccio avevi una grande tavola di legno e volesti sapere dei prodigi del Santo di Mira. Te ne parlai a lungo. Ti raccontai tra l’altro del miracolo del grano nella città di Mira affamata, «Praxis de navibus frumetariis».
Ti piacque forse per la gran fame da te patita nel tuo incessante peregrinare. E cominciasti a dipingere, paziente, metodico, senza stancarti, incurante del tempo.
Il dipinto è ora pronto. Ci sono voluti novecento anni. Ma che importa?
Del resto da allora non ci siamo mai più perduti di vista. Tu con la tua pittura. Io con i miei cartigli da riempire perché la cronaca dei fatti diventasse essa stessa la realtà dei fatti. Proprio come si dice oggi per la televisione.
Quanto tempo è passato, caro Matteo…

Con affetto
Michele CAMPIONE
Bari, 20 maggio 1991