Storia di mare e di morte

Schena editore – anno 2003

Il mistero e la superstizione si intrecciano ai miti e alle leggende della Puglia marinara in questo romanzo che assume a tratti le movenze del giallo, mentre in altri passaggi si scioglie in un lirico affresco di ambientazione popolare, venato di sentimento e umana passione.
Una narrazione serrata e coinvolgente, che procede spesso in parallelo su un doppio binario, per convergere nel drammatico finale, tra catarsi e dannazione.

INCIPIT

Il mare di settembre è bellissimo. Offre trasparenze inverosimili nella mutevolezza
delle correnti che accendono i colori dei fondi sabbiosi in iridescenze geometriche ed esaltano i toni bruno
rossastri degli scogli appena lambiti dalla marea.Le poseidonie, visibili per l’acqua chiarissima,
oscillano sui fondali con movenze sinuose ed aggraziate.
Il muschio delle erbe marine, occhieggiando tra cielo e mare, si insinua nel ricamo delle rocce, negli anfratti, disegna ghirlande fluenti ondeggianti per la lieve risacca.
Gli stabilimenti balneari in disarmo mostrano le occhiaie vuote delle cabine con le porte divelte ed accatastate.
Il sole ancora caldo concilia il senso di quiete e di solitudine degli irriducibili bagnanti che in silenzio,senza il clamore dei giorni ferragostani, realizzano un magico rapporto con il mare scarso di vele.
E lo stesso mare nell’afrore delle alghe in decomposizione, profumo forte, primordiale, concede e si concede languori indicibili quasi a compensare l’imminente arrivo delle burrasche autunnali.
Una fine lunghissima dell’estate per un preludio inesorabile della cattiva stagione.
E fu in uno scenario così idillico che la “cosa” apparve. Mostruosa. Orripilante. Segno di disfacimento di morte e disfacimento essa stessa.
Galleggiava con la parte più imponente sommersa, sospinta appena, in un movimento difficile a scorgersi, dal gioco esile delle correnti. Svicolò piano dalla punta del molo, dove l’acqua è più profonda ed il sarago pizzuto volteggia rapido e cauto. Sembrava un tronco d’albero alla deriva. Le protuberanze facevano pensare a radici contorte. E così. per un tronco d’albero la presero i primi bagnanti che la scorsero
. Poi, lentissimamente, si avvicinò alla battigia.
Sciami di pesciolini le guizzavano attorno nutrendosi di appendici filiformi e viscide. Qualcuno dal molo gridò in direzione dei bagnanti sulla spiaggia. Il grido si perdette sul mare
Qualche altro a gesti vivaci indicava l’approssimarsi della “cosa”. Sulla spiaggia si intrecciarono i primi confusi commenti.
Ci fu anche qualche ardimentoso che accennò ad entrare in mare per avvicinarsi a nuoto alla “cosa” galleggiante. Ne fu dissuaso vivamente. Sicché l’audacia dell’iniziativa si scontrò, sconfitta, con la prudenza che l’occasione esigeva, come disse con tono grave un colonnello in pensione. Ed i presenti annuirono.
Ma gli sguardi puntati verso il largo non riuscivano ancora a squarciare il mistero dell’apparizione…